titolo conferenza:

Elsa Morante, amata e sconosciuta

L’incontro si terrà in modalità telematica sulla piattaforma Zoom  al seguente indirizzo:

https://us02web.zoom.us/j/89052525171?pwd=ZE5rUTNWUTlSR01CamNWdTA1UUhzZz09

ID riunione: 890 5252 5171

Passcode: 431066

e sarà consultabile  anche sul canale YouTube dell’associazione il giorno seguente

 

 

La mia scelta di un titolo così provocatoriamente ossimorico si riferisce all’accoglienza che l’opera di Elsa Morante (Roma, 18 agosto 1912 - Roma, 25 novembre 1985) ha avuto sia da parte del pubblico generico sia, in larga misura, da parte degli “addetti ai lavori”: una sorte, la sua, che in qualche modo continua tuttora. La scarsa considerazione in cui Morante è stata tenuta è comune alla maggior parte delle scrittrici italiane sue coetanee, per non parlare delle precedenti; e si basa sulla discriminazione aprioristica che, essendo donne, stanno tutte in serie B; sono scrittrici, non scrittori. Morante reagisce a quest’andazzo con una scelta linguistica che è un’esplicita polemica: “Mi chiamo Elsa Morante. Italiana. Di professione, poeta”, dichiarò nell’esprimere solidarietà ad Aldo Braibanti, condannato a 4 anni di prigione per plagio, nel 1968. La polemica sta tutta in quel rovesciamento espressivo: definirsi poeta, e non poetessa! È una protesta orgogliosa, che anticipa l’attuale dibattito sulla questione dei generi grammaticali.

Alla discriminazione collettiva verso le donne che scrivono s’aggiunse per lei l’aggravante d’essere moglie di Alberto Moravia (si sposarono nell’aprile 1941; si separarono abbastanza presto ma non divorziarono mai); il che la rese a lungo invisibile.

Nella mia relazione accennerò alla vita di Elsa Morante, soprattutto per le parti che interferiscono con la sua opera; descriverò gli ambienti culturali che frequentò, il suo impegno politico, le polemiche che la presero a bersaglio, il rapporto con Natalia Ginzburg e quello, complesso, con Pasolini; e lo farò sempre facendo riferimento alle sue opere maggiori: Menzogna e Sortilegio (1948), ricca di elementi autobiografici e programmatici; L’isola di Arturo (1957), lucida e profonda analisi della psicologia adolescente; Il Mondo salvato dai ragazzini (1968), importante per lo sperimentalismo e la multiformità dei generi letterari adottati; La Storia (1974), miccia per una delle più virulente polemiche politico-letterarie del secondo Novecento; Aracoeli (1982), l’ultimo romanzo, detestato, con poche eccezioni, sia dalla critica sia dal pubblico.

Concetta D’Angeli

 

Concetta D’Angeli

Docente di Letteratura Italiana e poi di Drammaturgia Teatrale presso l’Università di Pisa, si è occupata di autori italiani contemporanei (Elsa Morante, mia lunga passione; Pier Paolo Pasolini; Italo Calvino; Elio Vittorini) e di gender studies (oltre a Morante, Karen Blixen, Agota Kristof, Simone Weil); inoltre ha svolto ricerche sulla fiaba di tradizione colta e popolare (Carlo Collodi; La Grammatica della fantasia di Gianni Rodari).

Per saperne di più >>

Concetta D’Angeli

Quanto al teatro, ha studiato soprattutto gli aspetti metodologici della scrittura drammaturgica (i meccanismi di funzionamento dei testi teatrali, in particolare il dialogo e la comunicazione in scena).

Adesso è in pensione e scrive romanzi, quelli che ha pubblicato sono: Tempo fermo (Pacini, Pisa 2017); I gatti ci guardano (Pacini, Pisa 2020); Le rovinose (Il ramo e la foglia editori, Roma 2021)