Lo hinduismo e le sue cinque componenti
(Ciclo di Storia delle religioni)
L’incontro si terrà in modalità telematica sulla piattaforma zoom al seguente indirizzo:
https://us02web.zoom.us/j/85449118270?pwd=RnNiYVJFSTFPTENwdHAxNTU3eENzQT09
ID riunione: 854 4911 8270
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e sarà consultabile anche sul canale youtube dell’associazione
L’India è una federazione di Stati con una popolazione attualmente pari a circa 1 miliardo e 300 milioni di persone, in continua crescita. In pratica un abitante su sei del nostro pianeta vive nel subcontinente indiano. La lingua più parlata è la hindī, la lingua ufficiale, ma ogni Stato dell'Unione Indiana presenta una lingua e una cultura sue proprie. Ad esempio, il centro economico dell'India è la megalopoli di Mumbai, capitale di uno Stato, il Maharashtra, equiparabile per dimensioni all’Italia ma con una popolazione quasi doppia rispetto a quella italiana (circa 116 milioni di abitanti, di cui almeno 20 concentrati a Mumbai). La lingua dello Stato del Maharashtra è la marāṭhī, i cui inizi risalgono all'XI secolo e la cui letteratura è molto ricca. Analogo discorso si può fare per ognuno dei 29 Stati dell'Unione Indiana,che ha sua propria lingua e letteratura, storia, identità culturale, etc. Di fatto la maggioranza degli indiani parla più di una lingua e molti, oltre alla propria lingua madre e alla hindī, conoscono bene l'inglese per il portato del dominio coloniale. Pensando all’Induismo a noi occidentali viene da immaginare una realtà omogenea, unitaria. In realtà esso è una 'categoria ombrello' sotto cui si cela un'ampia varietà di religioni e filosofie. Definire l’Induismo, la cui prima manifestazione si colloca intorno al 1500-1200 a.C. con l'emergere delle prime raccolte dei Veda, non è affatto semplice anche perché noi siamo soliti riferire la religione a un'istituzione (la Chiesa) e a un testo sacro (la Bibbia), alla credenza in una divinità suprema, mentre tutto ciò è assai problematico nel contesto indiano. Qui infatti ci si imbatte in religioni non teiste (come il Buddhismo), religioni non riconducibili a testi scritti (ovvero che prediligono l’oralità rispetto alla scrittura) e religioni prive di significativi centri istituzionali. Coesistono nel subcontinente indiano svariate forme di culto e molte diverse teologie: monoteismi, non-dualismi, dualismi, politeismi. A rigore, non esistono in sanscrito - la lingua classica dell'India antica - parole che traducono i nostri concetti di religione e filosofia. Il termine che più si avvicina a religione è dharma, traducibile quale norma/bene/pietà, mentre il termine che più si avvicina a filosofia è darśana, traducibile con visione/sguardo/punto di vista sulla realtà. Come possiamo intuire già da questa premessa, il mondo indiano è costitutivamente plurale e complesso, una realtà altamente differenziata. Nell’Induismo l'ortoprassi prevale sull’ortodossia, giacché i fedeli sono anzitutto chiamati a uniformarsi a un determinato tipo di comportamento rituale. La dimensione del rito è preponderante rispetto alla credenza. Ciò che fonda l'appartenenza religiosa sono una serie di pratiche, di riti di passaggio detti saṃskāra - in tutto sedici - termine che possiamo tradurre con “sacramento”. Paradossalmente, in India si può essere non credenti ma venir considerati buoni hindu qualora si rispettino un insieme di riti. Viceversa, ancorché molto pii, se non ci si conforma a determinati comportamenti si è considerati cattivi hindu e si può persino essere scomunicati dalla propria casta. Infatti appartenenza di casta e Induismo si coimplicano. Ogni hindu nasce in un determinato gruppo sociale dal quale eredita una "divinità della famiglia" (kuladevatā) e un certo tipo di pratiche cultuali che costituiscono il suo tratto distintivo. Da adulto, egli/ella potrà poi eleggere quella ch'è chiamata la sua “divinità di elezione” (iṣṭadevatā), ovvero la divinità che sente più vicina a sé e a cui è specialmente devoto/a.