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Storia e filosofia della scienza nell'epoca della post verità

Nel 2016 l’Oxford English Dictionary ha eletto «post-truth» parola dell’anno. Il neologismo è parso compendiare il clima culturale e politico della congiuntura di un anno segnato dalla Brexit e dall’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca, nonché dal regresso nazional-populistico di vari paesi, soprattutto nell’Est europeo e in Turchia. Alla luce di tali sviluppi, la fiducia nel potenziale della cultura postmoderna quale strumento di progresso e divulgazione della verità scientifica si è incrinata. La verve antidogmatica della critica rivolta da un lato alle grandi narrazioni e dall’altro alla fiducia in verità oggettive, astoriche, accertabili ‘scientificamente’, si converte nell’opposto ‘dialettico’: una retorica propagandistica asservita a fini politici immediati. Il legame che intercorre tra demagogia e mezzi di comunicazione di massa nelle democrazie liberali si è imposto con la freschezza di una rivelazione scomoda e l’urgenza del momento agli intellettuali anglosassoni. Nel mutato clima internazionale acquistano rinnovata importanza autrici e autori che con maggior acume hanno riflettuto sulle ragioni profonde, culturali e politiche, delle sconfitte democratiche e sociali dell’Europa degli anni Venti e Trenta e sugli strascichi di quel tracollo negli anni successivi. In un articolo apparso nel New Yorker nel 1967, intitolato appunto «Truth and Politics», Hannah Arendt sosteneva l’importanza di salvaguardare da distorsioni propagandistiche le verità storiche, che non possono essere cancellate, stravolte o modificate a piacimento dalle ragioni della politica. Gli strumenti concettuali forniti da quell’ampia corrente che tiene idealmente assieme nella differenza pensatori quali Jean-François Lyotard ed Ernesto Laclau paiono inadeguati di fronte agli imperativi del reale, sia che si tratti delle derive autoritarie sia dei dibattiti scientifici sul cambio climatico. La scienza, depositaria per antonomasia delle verità della knowledge society, e il metadiscorso sulla scienza sono chiamati direttamente in causa. Si cercherà di chiarire il nesso problematico tra politica e filosofia della scienza nei dibattiti odierni sulla post-verità, evidenziando importanti tendenze emergenti in ambito storico-epistemologico nonché le più gravi impasse teoriche che ci troviamo ad affrontare.

Pietro Daniel Omodeo

Pietro Daniel Omodeo è storico culturale della scienza e docente di epistemologia storica e politica all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Omodeo è direttore del progetto ERC Institutions and Metaphysics of Cosmology in the Epistemic Networks of Seventeenth-Century Europe, studio comparativo delle cosmologie della prima età moderna nei loro contesti politico-confessionali. Il progetto è finanziato dall’Unione Europea nel quadro del Programma di Ricerca e Innovazione Horizon 2020 (GA n. 725883 EarlyModernCosmology).

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Pietro Daniel Omodeo

In ambito storico, la ricerca di Omodeo si concentra su scienza, filosofia e letteratura nella prima modernità; in ambito teorico il suo lavoro si inserisce nell’alveo dell’epistemologia storica (approccio storicista alla filosofia della scienza). In filosofia della scienza, Omodeo porta avanti una riflessione epistemologico-storica sulla genesi e funzione degli apriori della scienza. Tra le sue pubblicazioni figurano Copernicus in the Cultural Debates of the Renaissance: Reception, Legacy, Transformation (Leida 2014) e, in collaborazione con Jürgen Renn, Science in Court Society: Giovanni Battista Benedetti’s Diversarum speculationum mathematicarum et physicarum liber (Turin, 1585) (Berlino 2018). È editore di numerose pubblicazioni in materia di rapporti tra cultura e storia della scienza. Ha inoltre in stampa il volume Political Epistemology: The Problem of Ideology in Science Studies (Dordrecht 2019).